Buscarita Roa è un abuela di Plaza de Mayo e questo lavoro parla di lei, dei suoi sette figli e dei suoi innumerevoli nipoti.
Il primo figlio di Buscarita, Pepe Poblete, nel 1971 si spostò in Argentina per accedere a una riabilitazione perché un anno prima un treno, nella periferia di Santiago, gli avevano amputato le due gambe. Per raggiungere il figlio prese i suoi sei figli e raggiunse senza mezzi la città di Buenos Aires.
Mai avrebbe immaginato che nel giro di pochi anni si sarebbe ritrovata sotto una dittatura talmente feroce tanto da farle scomparire l’amato Pepe, la nuora Gertrude e la piccola nipotina Claudia di soli sei mesi.
La coppia venne catturata in diversi momenti nel 1978 nel barrio di Guernica e detenuta nel centro di detenzione clandestino Olimpo nel quale furono torturati e infine fatti scomparire, si suppone, con i famigerati voli della morte di Videla.
La bambina fu appropriata in un sistema che si chiamò “plan sistematico” da un colonnello dei servizi segreti e solo dopo venti anni di incessanti ricerche fu ritrovata grazie all’instancabile lavoro dell’associazione di abuelas di Plaza de Mayo, Buscarita e lo zio.
Questo ritrovamento e il processo che ne seguì segnò la storia del paese perché a partire da questo fatto storico si creò il cammino per i giudizi che erano rimasti inconclusi nelle tappe interiori.
Nel frattempo la seconda figlia Lucy era emigrata con il marito a Chicago per sfuggire alle persecuzioni della dittatura cilena mentre gli altri figli rimasti a Buenos Aires continuavano la militanza e una vita non sempre facile. Qualche anno dopo anche Buscarita, sempre convinta di essere stata cresciuta dalla madre e da una zia che morirono quando era solo adolescente, scoprì di avere un fratello che la cercavano da anni e anche una sorella.
Buscarita ha sempre continuato la sua lotta all’interno dell’associazione abuelas de Plaza de Mayo con dedizione e passione portando la sua voce e la sua storia in tanti paesi del mondo: Cile, Brasile, Perù, Colombia, Cuba (dove incontrò anche Fidel Castro), America del Nord, Italia, Francia e tantissimi altri.
Oggi all’età di 83 anni continua seppur con mille acciacchi la sua lotta. Il mio incontro con lei risale all’estate del 2017, quando dopo aver ottenuto il permesso di entrare e intervistare le abuelas, mi sono sentita rivolgere da lei questa domanda: “Ti andrebbe di scrivere la storia della mia vita?”. Solo due anni dopo, nell’estate del 2019 sono riuscita a tornare a Buenos Aires e cominciare a raccontare la sua storia, che è sì una storia famigliare ma anche una storia collettiva, quella di un intero paese che si trova ancora oggi a fare i conti con un passato oscuro e la voglia di lottare per arrivare alla verità, alla memoria e alla giustizia.